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Funzione e diffusione del colesterolo nell’organismo, il principale fattore di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi ed altri problemi nell’uomo adulto.
Il colesterolo, una molecola di natura steroidea presente nel nostro organismo (Fig.1), è il lipide più conosciuto, a causa della correlazione tra livelli elevati nel sangue e le malattie cardiovascolari. Meno nota, anche se preminente, è invece la sua fondamentale funzione come componente delle membrane delle cellule, come precursore di tutti gli ormoni steroidei, della vitamina D e degli acidi biliari.
La maggior parte del colesterolo viene prodotta dalle cellule del fegato (epatociti), le quali sono in grado di produrlo autonomamente a partire da semplici precursori sebbene anche tutte le cellule dell’organismo siano in grado di farlo. Una piccola quota viene immagazzinata all’interno dell’epatocita, mentre la rimanente viene utilizzata o per la produzione degli acidi biliari oppure immessa nel circolo sanguigno per il suo utilizzo a scopo energetico da altre cellule del corpo, come ad esempio le cellule dei muscoli (miociti).
Tutti i tessuti degli animali durante la crescita hanno bisogno del colesterolo per la sintesi delle membrane cellulari, mentre le ghiandole sessuali femminili e maschili (le gonadi) lo utilizzano per produrre gli ormoni sessuali.
Come viene trasportato il colesterolo nel sangue?
Tutti i grassi, il colesterolo ed i trigliceridi, per la loro natura chimica non sono solubili nel siero del sangue, che invece è acquoso, quindi per raggiungere i tessuti in cui è richiesta la sua presenza devono essere veicolati nel plasma sanguigno da proteine di trasporto con le quali si formano complessi molecolari, le lipoproteine plasmatiche, costituite appunto da una parte proteica (apolipoproteine) e da un’altra parte di natura lipidica come il colesterolo e i trigliceridi.
Le lipoproteine sono classificate in base alla densità (g/ml) che varia a seconda della composizione e del rapporto proteine e lipidi:
– Chilomicroni, densità <1,006
– VLDL (Very Low Density Lipoprotein), densità compresa tra 0,95 e 1,006
– LDL (Low Density Lipoprotein), densità compresa tra 1,006 e 1,063
– HDL (High Density Lipoprotein), densità compresa tra 1,063 e 1,210
I Chilomicroni sono deputati al trasporto dall’intestino ai tessuti degli acidi grassi ingeriti con l’alimentazione, dove saranno successivamente utilizzati per produrre energia immediata oppure per essere depositati come combustibile di riserva. I chilomicroni, una volta depositati gli acidi grassi, ritornano al fegato dove vengono degradati.
Quando però introduciamo più grassi del necessario, le cellule del fegato li legano a particolari proteine trasportatrici, formando le VLDL e LDL.
VLDL e LDL vengono immesse nel sangue e hanno lo scopo di raggiungere e depositare gli acidi grassi nel tessuto adiposo, sotto forma di riserva di energia.
Le LDL, essendo essenzialmente le trasportatrici del colesterolo, sono conosciute con il termine “colesterolo cattivo” in quanto la loro concentrazione viene ricercata come indice di rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, come l’aterosclerosi.
Infine troviamo le HDL, prodotte dal fegato e dall’intestino tenue, le quali sono lipoproteine ad alta densità, costituite per la maggior parte da materiale proteico, più denso rispetto ai lipidi. Hanno un ruolo importantissimo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari perché sequestrano e trasportano il colesterolo nel fegato dove sarà trasformato negli acidi biliari, indispensabili per la digestione dei grassi.
[Approfondimento] Biochimica: biosintesi endogena del colesterolo
Dal punto di vista chimico il colesterolo è un alcol policiclico alifatico, e la sua formula bruta è: C27H45OH. Tutti gli atomi di carbonio derivano da un unico precursore: l’acetato.
La sua struttura a 27 atomi di carbonio sottintende una complessa via di sintesi, costituita da numerose reazioni biochimiche, che possono essere riassunte in 4 principali tappe (Fig.2):
1 Condensazione di tre unità di acetato per formare il mevalonato, un intermedio a sei atomi di carbonio;
2 Conversione del mevalonato in unità isopreniche attivate;
3 Polimerizzazione di sei unità isopreniche a cinque atomi di carbonio per formare un composto lineare a 30 atomi di carbonio: lo squalene;
4 Ciclizzazione dello squalene per formare il nucleo a 4 anelli degli steroidi da cui, attraverso altre reazioni biochimiche, si forma il lanosterolo, poi infine il colesterolo a 27 atomi di carbonio.
L’aterosclerosi
L’aterosclerosi è la prima responsabile di due delle tre principali cause di morte nei paesi industrializzati: l’infarto al miocardio e l’infarto cerebrale (ictus), la cui causa può essere la produzione non controllata di colesterolo nell’organismo. Quando la somma del colesterolo sintetizzato e quello ottenuto dalla dieta supera la quantità necessaria per la sintesi delle membrane, dei sali biliari e degli ormoni, l’accumulo patologico di colesterolo nei vasi sanguigni può portare alla formazione di placche aterosclerotiche che possono ostruire le arterie.
Il processo aterosclerotico è molto complesso e può essere considerato come forma di infiammazione cronica specializzata.
Ciò che scatena l’aterosclerosi è una disfunzione endoteliale ovvero una disfunzione del tessuto interno che riveste il lume del vaso. I fattori che provocano la disfunzione endoteliale sono:
1) prodotti lipidici (eccessiva produzione di colesterolo);
2) composti di combustione presenti nel fumo di sigaretta;
3) stress ossidativo;
4) prodotti dell’infiammazione.
In risposta a questi fattori le cellule dell’endotelio rilasciano: molecole di adesione, molecole proaggreganti, citochine, mediatori dell’infiammazione ecc…
Alcune proteine di adesione richiamano monociti e linfociti che penetrano nella placca. Il colesterolo trasportato dalle LDL si accumula nelle zone in cui avviene il danno endoteliale, e, sequestrato dall’azione antiossidante degli elementi circolanti nel sangue, si ossida. L’ossidazione dei lipidi crea un’infiammazione nel sito di deposito, richiamando macrofagi e provocando il rilascio dei mediatori dell’infiammazione.
Il persistere dell’infiammazione genera la formazione di una capsula fibrosa che circonderà i macrofagi ed i lipidi fagocitati, isolando l’area danneggiata dell’endotelio; le cellule muscolari migrano nella tonaca intima dell’arteria, verso il lume del vaso: si moltiplicano e rilasciano collagene, elastina e matrice extracellulare, contribuendo ad accrescere la placca fibrosa, mentre i lipidi ossidati e le cellule morte saranno confinate al centro della placca fibrosa. La placca può continuare a crescere fino a provocare l’occlusione del vaso. Alcune condizioni come esercizio fisico pesante, un forte stress emotivo o malattie possono destabilizzare la placca, provocandone la rottura o il distacco.
Le lesioni aterosclerotiche si sviluppano in ordine di frequenza: nell’aorta addominale, nelle arterie coronarie, nelle arterie della gamba, nel tratto discendente dell’aorta toracica, nell’arteria carotide interna e nel circolo di Willis. Nell’ambito di ogni distretto vi sono poi localizzazioni preferenziali delle placche, spiegabili in funzione delle condizioni emodinamiche del flusso sanguigno: esse si formano specialmente nelle zone in cui il flusso non è laminare, ma vorticoso.