Cos’è e come integrare la Vitamina D? Quali funzioni svolge? Quali categorie di persone sono più a rischio di ipovitaminosi D? Dove si trova negli alimenti e come integrarla? Se ti stai ponendo queste domande sei capitato nell’articolo giusto per trovare le risposte. Prenditi pochi minuti e leggi con attenzione questo breve articolo.
Prima di entrare nel vivo dell’argomento potrebbe esserti utile sapere che l’intento di questo articolo è fornire informazioni quanto più utili al lettore, che potrà utilizzarle a proprio beneficio. È inoltre importante sottolineare che tali informazioni non sostituiscono il parere del proprio medico.
Cos’è la vitamina D?
La vitamina D è un composto liposolubile che si accumula negli alimenti grassi e nel tessuto grasso (adiposo) del corpo. Con questo termine è definito in realtà, secondo Wikipedia, un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5
Le più importanti sono colecalciferolo (nota anche come Vitamina D3) ed ergocalciferolo (Vitamina D2).
Quali funzioni svolge?
In generale, le principali funzione della vitamina D sono molteplici e multiorgano.
Prima di tutto, la vitamina D regola il metabolismo di calcio e fosforo e controlla le loro concentrazioni nel circolo sanguigno, in modo da preservare le condizioni necessarie a mantenere la matrice ossea correttamente mineralizzata. Al contempo, agisce a livello dell’apparato muscolare, perché ne aumenta il trofismo stimolando la sintesi delle proteine muscolari e favorendo la corretta contrazione. Inoltre, la vitamina D regola la biosintesi e il rilascio di insulina a livello del pancreas ed è un valido supporto alla salute del cuore, perché contribuisce a regolare lo sviluppo della massa cardiaca in risposta a stimoli fisiologici e patologici.
Infine la vitamina D influenza la risposta del sistema immunitario, ossia è associata a un incremento dell’immunità innata nei confronti di differenti tipi di infezioni.
Qui abbiamo riportato le funzioni più importanti e note, ma in realtà la vitamina D svolge numerosissime attività fisiologiche. Se ne conosci altre, faccelo sapere nei commenti qui sotto!
Quali categorie di persone sono più a rischio di ipovitaminosi D?
Purtroppo la carenza di vitamina D è molto diffusa nella popolazione occidentale; in considerazione del fatto che la fonte primaria per l’organismo è l’esposizione al sole, è facile comprendere come una vita sedentaria e condotta prevalentemente al chiuso possa influenzare negativamente sull’assunzione di questo importante composto. Inoltre l’uso delle creme solari, indispensabili per la prevenzione del cancro della pelle, limita ulteriormente la produzione di vitamina D.
Tuttavia, esistono alcune categorie di individui che, a causa di fattori diversi, possono presentare un maggiore rischio di ipovitaminosi D:
- Anziani
- Donne in gravidanza o allattamento
- Persone con deficit muscolare
- Persone con sindromi da malassorbimento
- Soggetti in sovrappeso
- Individui con mobilità fisica ridotta
- Pazienti con insufficienza epatica
- Persone con insufficienza renale
- Persone in terapia con farmaci che alterano il metabolismo della vitamina D (anticonvulsivanti e glucocorticoidi)
- Soggetti che, per svariate ragioni, sono impossibilitati a esporsi al sole con regolarità
Come assumere la vitamina D
Come detto la fonte principale di vitamina D per l’organismo è l’esposizione alla radiazione solare. La vitamina D ottenuta dall’esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni per essere trasformata nel calcitriolo, la forma biologicamente attiva.
Gli alimenti che contengono naturalmente vitamina D non sono particolarmente numerosi, purtroppo; si possono elencare i seguenti:
- Pesci grassi, come salmone, carpa, sgombro, aringa, tonno, pesce gatto
- Olio di fegato di merluzzo
- Gamberi e ostriche
- Tuorlo d’uovo
- Formaggi grassi
- Latte vaccino
- Burro
- Farina d’avena
- Funghi
- Cereali
- Succo d’arancia
- Latte di soia
Valori ideali nel sangue
È di recente pubblicazione l’articolo “Consensus Statement on Vitamin D Status Assessment and Supplementation: Whys, Whens, and Hows” che raccoglie le più aggiornate raccomandazioni cliniche su perché, quando e come misurare e integrare la vitamina D. Riassumendo, la concentrazione totale di 25-idrossivitamina D rappresenta il marker più affidabile per valutare lo status vitaminico D, ma restano tuttavia controversi i livelli desiderabili, i quali possono variare in base alle condizioni preesistenti, così come i metodi di misurazione.
20 ng/mL e 12 ng/mL rappresentano le soglie al di sotto delle quali si parla rispettivamente di carenza e di carenza severa nella popolazione generale. Ma in caso di patologie preesistenti, come l’osteoporosi, la soglia sale a 30 ng/mL.
L’analisi nel sangue della vitamina D è fortemente raccomandato in tutte le categorie a rischio.
Come integrare la vitamina D con gli integratori
Il panorama delle formulazioni di vitamina D disponibili in commercio è vastissimo, offrendo sia ai pazienti che ai medici un’ampia gamma di possibilità.
La forma di vitamina D più conosciuta e comunemente utilizzata come supplementazione è il colecalciferolo, ovvero la vitamina D3.
Esistono moltissime formulazioni differenti disponibili in commercio, tra cui gocce, flaconcini, compresse, capsule, film sublinguali, che possono essere somministrate a cadenza giornaliera, settimanale e mensile.
Non vi sono solide evidenze scientifiche a supporto di una specifica formulazione o di una tempistica di somministrazione rispetto alle altre, dunque è importate concordare con il paziente la formulazione più gradita per favorire l’aderenza terapeutica.
Conclusione
In conclusione, per quanto riguarda i dosaggi, la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) raccomanda l’uso di colecalciferolo per raggiungere concentrazioni plasmatiche sufficienti e quindi un mantenimento con posologie variabili da 800 a 2.000 UI/die.
La supplementazione giornaliera di vitamina D si conferma comunque lo schema migliore ed è la strategia che conferisce i maggiori benefici in termini di raggiungimento dei valori ottimali; tuttavia in casi specifici e per superare il problema dell’aderenza e della compliance possono essere indicati schemi di supplementazione a intervalli più lunghi.